25 giugno 2010

Se per un soldato spegniamo il Colosseo...

Organizzata dalla potente lobby israeliana della comunità ebrea di Roma, la manifestazione per la liberazione di Gilad Shalit, il caporale dell'esercito israeliano rapito dai militanti di Hamas all'alba del 25 giugno del 2006, è stata ovviamente unilaterale.
Spalleggiati dall'ignoranza imperante di Alemanno, gli organizzatori hanno ottenuto addirittura di far "spegnere" il Colosseo per dare visibilità alla propria rivendicazione. Luci spente anche per il Castello Sforzesco, a Milano (e questo si capisce vista la natura fascistoide dell'amministrazione meneghina), e per la Mole Antonelliana a Torino (e questo si capisce decisamente meno).
Oltre a tutte le autorità possibili e immaginabili (purtroppo c'era anche Zingaretti) c'era anche il padre di Gilad che ha affermato: «Mio figlio da 4 anni viene detenuto a fini di estorsione e questo rappresenta una violazione internazionale oltre che un crimine di guerra». Il celtico Alemanno ha invece parlato di «sequestro di persona».
Solo una nota a margine.
Perchè spegnere i monumenti di mezza Italia solo per un israeliano e tenerle accese (leggi TACERE) per i più di 11.000 palestinesi (UNDICIMILA) chiusi da anni nelle carceri israeliane in detenzione amministrativa (cioè senza alcuna accusa specifica), fra cui donne e bambini? Non sono anche loro «sequestrati»? Oppure un militare del "popolo eletto" cittadino dello "stato eletto" vale più di 11.000 ultimi della Terra?

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