24 marzo 2021

Il "pragmatismo" non è di sinistra

Ormai è tutto uno sperticarsi a plaudere al "pragmatismo" di Draghi, da parte di tutte le forze politiche (nessuna esclusa) e della stragrande maggioranza dei commentatori politici nostrani.
In contrapposizione non si capisce bene a cosa, ma si può intuire: all'ideologismo che avrebbe contraddistinto l'agire politico sino ad oggi. Ma è veramente così?
Sono decenni che sentiamo questi discorsi, oramai consunti, e il funerale di ogni tipo di ideologia in Italia è stato decretato dal successo (in quelle proporzioni) dei grillini nelle ultime elezioni Politiche.
Poco male, se l'entusiasmo per il pragmatico neo presidente del Consiglio venisse solo da M5S, Lega, FI o Renzi o Calenda: alla fine sono tutti partiti e politici fondamentalmente di destra. Ci sta.
Ma assistere allo stesso triste spettacolo da parte del PD e di ciò che rimane di LeU è veramente devastante per un cittadino di Sinistra.
Siamo cresciuti (noi non proprio giovanissimi) in movimenti che avevano una visione del proprio Paese e del mondo o che in ogni caso la cercavano al di sopra di ogni altro impegno in politica, in partiti (anche quelli piccoli) che avevano un solido e ben caratteristico pantheon di valori; la nostra partecipazione politica era tutta un guardare al futuro, a come portare la società verso un domani migliore per il maggior numero di persone possibile.
E' in tutto questo che un popolo di Sinistra dovrebbe riconoscersi, non nel banale "qui e ora" che sembra abbagliare tutto il gregge che vediamo belare appresso al cane pastore Draghi.
Se la contrapposizione è tra "ideologia" e "pragmatismo" un partito che volesse rappresentare la Sinistra non dovrebbe avere dubbi su cosa privilegiare. Eppure PD e i rimasugli di LeU non solo hanno accettato di entrare mani e piedi nel governo Draghi, ma fanno a gara con gli altri partiti a chi è più vicino all'agire di Draghi, ad appoggiare il suo "pragmatismo".
E allora serve un nuovo soggetto politico che possa raccogliere tutti noi orfani di tutto quel complesso di valori che è esattamente contrapposto al pragmatismo: una visione compiuta della persona, della società, del Paese e del mondo; un'idea, o se preferite un ideale, di come si vuol declinare il futuro a tutti i livelli, dal singolo cittadino al Mondo intero.
Insomma una "ideologia", contrapposta al "pragmatismo" dell'agire esclusivamente mettendo un giorno dietro l'altro.
Ne abbiamo bisogno. Per sopravvivere.

15 febbraio 2021

Governo dei migliori?

L'avvento del "governo Draghi" mi costringe ad uscire dal letargo comunicativo che mi ero imposto, ma tant'è...

I due Governi presieduti da Conte erano figli di un Parlamento uscito dalle ultime elezioni diviso in tre blocchi, e che quindi necessitavano di "compromessi" e accordi tra forze politiche diverse e spesso ferocemente avversarie: al di là del giudizio che ognuno può voler dare di entrambe le esperienze, la situazione di partenza era innegabilmente quella.
Anche senza voler indulgere alla dietrologia degli eventi che hanno portato alla fine della seconda esperienza Conte, alcuni interrogativi restano.
Perchè, ad esempio, Mattarella non ha rimandato Conte alle Camere, visto che il suo secondo Governo non è mai stato sfiduciato? Siamo così sicuri che la prassi costituzionale sia stata pienamente e correttamente rispettata? Da quanto tempo il Presidente della Repubblica aveva già pronta questa soluzione?
A chi giova il ritorno, favorito per non dire direttamente voluto dal politico più (giustamente) detestato d'Italia, nelle stanze dei bottoni di Salvini e Berlusconi? Quello stesso politico che elogia il regime saudita, per intenderci.
Quale progetto di spartizione del malloppo europeo c'è dietro? E' un progetto caldeggiato dal delinquente (nel senso tecnico di "colui che è stato definitivamente condannato per un reato") Verdini, che guarda caso Renzi e Salvini sono andati a trovare in galera poco tempo prima di avviare la crisi di governo?
Sono domande per le quali non avremo mai risposta, perché nel frattempo si è insediato Draghi, che a suo stesso dire preferisce evitare di "comunicare": meglio lasciare il popolino nell'ignoranza. E assieme a mister BCE (ma anche mister Goldman Sachs) le stanze del potere sono state occupate dal suo governo.
Giorgetti, Stefani, Garavaglia, Brunetta, Carfagna, Gelmini, Bonetti: il "governo dei migliori"...

25 marzo 2020

Riflessioni dalla Lombardia a margine del coronavirus

A distanza di un mese dall'esplosione della crisi, la Lombardia appare totalmente senza controllo.
Da un lato, un assessore regionale molto più interessato a farsi propaganda elettorale in vista delle prossime elezioni comunali di Milano piuttosto che a coordinare piani di intervento per la popolazione e un presidente di Regione sempre in bilico tra l'analisi della terrificante realtà e il non poter ammettere che il "modello Lombardia" nella Sanità è un fallimento totale; dall'altro un Governo che dà tutto in mano a un inadatto, per non dire incompetente, commissario straordinario, attento solo ai "fatti di Roma" e totalmente insofferente a occuparsi di malati, medici in trincea, vecchi che muoiono.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
I medici sul campo, sia quelli ospedalieri che i medici di base, sono costretti a implorare aiuto all'estero, vittime di una strage dovuta alla mancanza di un qualsivoglia piano di emergenza e di protocolli di intervento all'insorgere di un'epidemia.
La popolazione lombarda è lasciata al proprio destino: se sei vecchio (chi lo stabilisce poi?) puoi tranquillamente morire soffocato a casa tua, dopo aver infettato tutti i conviventi; se sei meno vecchio puoi anche avere la febbre a 39 per 5 giorni ma, in assenza di altri sintomi, il tampone non lo vedrai mai. Se invece sei uno che conta, il tampone lampo è assicurato e, nel caso infausto, un posto al S.Raffaele si trova immediatamente, garantito.
Ne verremo fuori anche in Lombardia, prima o poi, ma non credo che saremo migliori.
Anzi.

23 luglio 2018

Santo subito?


I “coccodrilli” anticipati con cui politici e media stanno intasando l’informazione sul destino di Marchionne sono alquanto esaustivi sulla ormai conclamata pochezza del dibattito politico in Italia.

Fa specie sentire Di Maio, che fino allo scorso anno ne diceva di ogni contro l’AD di FCA, tesserne le lodi e criticare le voci fuori dal coro.
Fa specie sentire Renzi & Co. (Farinetti, sindacati conniventi, etc.), responsabili quanto Marchionne del declino dello stato lavorativo degli operai italiani, innalzarlo a modernizzatore e precursore di una nuova era di benessere.
Marchionne è stato un abile manager che sapeva trafficare in borsa e con la finanza in generale. E’ stato il manager con il più alto differenziale tra la propria remunerazione e lo stipendio degli operai che da lui dipendevano. E’ stato colui che ha dato il colpo di grazia alla dignità lavorativa degli operai metalmeccanici (e, di conseguenza, come sempre accade in Italia, di tutti gli altri operai e dipendenti a seguire…). E’ stato colui il quale diceva ai sindacati “prendere o lasciare”, altro che contrattazione.
E’ stato colui che ha portato la sede legale della (ex) Fiat e la sua residenza all’estero, in modo da NON pagare le tasse in Italia. E l’Italia dovrebbe incensarlo, lodarlo, proporlo ad esempio?
Ogni cittadino che si professi minimamente “di sinistra” dovrebbe criticarlo da vivo e, a maggior ragione, da morto: per i danni che ha fatto al mondo del lavoro e per quanto era “lontano” dalla vita di ogni giorno delle persone comuni, dall’alto dei suoi stipendi vergognosi e dei benefit che gridano giustizia (e di cui fino a poco tempo fa ha stragoduto).
Che entri pure nel pantheon del partito di renzi e di quelli a lui affini: personalmente continuo a ritenerlo un soggetto non degno di ammirazione.
E se proprio dobbiamo trovare un esempio di come si costruisce una “comunità” che lavora e fa progredire il proprio Paese, ci viene in aiuto l’Unesco, che ha recentemente proclamato “patrimonio dell’umanità” un modello di fabbrica dal volto umano l’Ivrea di Adriano Olivetti.
Ecco, abbiamo bisogno di modelli fulgidi da proporre alle nuove generazioni? Olivetti, non Marchionne.

19 giugno 2018

Censimenti...

L’ultimo “censimento” su base razziale che si ricordi risale credo al 1905.
Fu pubblicato nel Zigeuner-Buch e costituì la base “pratica”, oltre che ideologica, su cui Hitler e soci si basarono per realizzare lo sterminio dei Rom accanto a quello degli ebrei (e di tanta altra gente “schedata”).
Nemmeno questo basta per poter etichettare come “nazista” il ministro dell’interno che ci ritroviamo?
Ci siamo stracciati le vesti ogni volta che in qualche altro stato europeo si affacciava alla ribalta di governo qualche esponente che non faceva mistero delle proprie inclinazioni verso devastanti quanto improbabili “soluzioni finali” quando si trattava di approcciare un problema riguardante la “diversità” (di stato sociale, di storie personali o di qualsiasi altra sorta di “status” particolare): muri, divieti, restrizioni della libertà.
Ora che siamo riusciti nell’impresa di far andare noi al governo un politico di siffatto “spessore”, la maggior parte dei media italiani riducono il tutto a semplice propaganda quando non ad allegro folklore.
“Come nascono i lager? Facendo finta di nulla”, raccontava Primo Levi in una conversazione con Enzo Biagi.
Ecco. Forse la decadenza palpabile del nostro Paese sta anche in questo: i grandi giornalisti del passato realizzavano interviste di grande respiro con grandi personalità che avevano tanto da insegnare e da raccontarci, i piccoli giornalisti di adesso fanno a gara a chi prima riesce ad avere una frase, quella che sia, del padano più cool del momento.
Uno slogan ci seppellirà...