29 febbraio 2012

Il governo Monti non è un governo amico

Diciamocelo chiaramente e definitivamente: il governo Monti non ci piace.
Ogni scelta/decisione/normativa che affronta è peggiore di quella del giorno prima, produce effetti più devastanti, smantella un pezzettino in più di società civile.
Si va dalle finte liberalizzazioni, che toccano molto poco i poteri forti (banche, assicurazioni, caste notariali et similia) e molto categorie già iperliberalizzate (come i poveri avvocati), sino alla ventilata riforma del fisco che vorrebbe spostare l'imposizione tributaria dal reddito alle imposte indirette, passando per l'ignavia totale su argomenti dirimenti per una "democrazia", quali il finanziamento pubblico delle pubblicazioni no-profit e di idee o la restituzione alla gestione pubblica dei beni comuni (come da referendum stravinti pochi mesi orsono), o, al contrario, al decisionismo più spietato quando si parla di diritti dei lavoratori da eliminare (art. 18) o di realizzare opere totalmente avversate dalla popolazione (oltreché con tutta evidenza inutili e costose) come la TAV, senza alcuna volontà di ascolto della controparte e di avvicinamento delle differenti posizioni.
Buon ultimo il "decreto-semplificazioni" che, volendo togliere quanti più "impicci" e lacciuoli alla "impresa" che deve creare profitto, finisce con l'eliminare del tutto i già pochi obblighi che le imprese hanno in tema di sicurezza sul lavoro (esattamente al contrario di ciò che chiedono i magistrati che si sono occupati di casi eclatanti, in materia, come il processo Tyssenkrupp e il recente processo Eternit).
Questo governo non dovrebbe piacere non dico a qualcuno che ancora si professi "comunista", ma neanche a chi seppur velatamente ritiene di essere ancora "di sinistra".
Non si capisce, quindi, ad esempio, perchè il PD sia sponsor sfegatato di questo esecutivo.
Se il PD decide di stare dalla parte di Marchionne e contro la FIOM, dalla parte dei potentati economici che vogliono l'inutile cattedrale della TAV e contro le popolazioni delle valli, dalla parte della finanza e dei padroni e contro il mondo del lavoro. Se il PD arriva ad appoggiare col proprio voto provvedimenti che smantellano la normativa (raggiunta con molta sofferenza proprio da governi di centro-sinistra) sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, o controriforme fiscali che spostano il carico d'imposta dai redditi e dai patrimoni (e quindi in ragione proporzionale a ciò che ognuno possiede) alle imposte indirette (che colpiscono tutti indistintamente e a prescindere dalle singole ricchezze), allora vuol dire che la metamorfosi di questo partito è definitivamente compiuta: è un partito liberale, perfettamente aderente alle politiche finanziar-capitalistiche che stanno portando allo sfacelo il nostro Paese e il mondo intero. E' un partito "di destra", come Veltroni e Ichino sognano da tempo.
Per chi crede ancora in una possibile alternativa a queste politiche, allora, meglio stare lontani dal PD ed evitare di ostinarsi a cercare un colloquio con che non ci può essere; meglio impiegare tutte le proprie energie per la costruzione di un'aggregazione la più vasta possibile delle forze della Sinistra, comuniste e non, che sappia esprimere con concetti semplici e chiari (e quindi proporsi di attuare) una politica attenta al mondo del lavoro e della società civile, ai beni comuni, all'ambiente, agli "ultimi".
E' di una forza politica di questo segno che ha bisogno il nostro Paese, non di gattopardi in salsa rosso-sbiadito...
Il governo Monti non è il nostro governo...

08 febbraio 2012

Il Manifesto rischia la chiusura

E' oramai da tempo l'unica voce libera e fuori dal coro nel mondo, fin troppo affollato, dei quotidiani che troviamo in edicola ed ora rischia realmente di chiudere.
Di momenti difficili, a livello economico oltreché politico, Il Manifesto ne ha affrontati e superati tanti nei suoi 40 e passa anni di vita, ma lo scellerato blocco del finanziamento pubblico all'editoria, voluto fortissimamente e perpetrato dal governo berlusconi ma mantenuto anche da Monti (nonostante tante promesse da marinaio fatte dal "governo dei tecnici"), darà il colpo di grazia al giornale, come ha già fatto con Liberazione e come farà con tanti altri storici quotidiani locali e non.
La criminale inedia di TUTTI i governi nel non voler affrontare il riordino e il riassetto normativo del finanziamento pubblico a quelle testate che sono realmente delle cooperative, o che comunque hanno caratteristiche tali da meritare di continuare le pubblicazioni anche con l'aiuto dello Stato (penso anche a giornali espressioni di filoni culturali politici, voci di minoranze linguistiche, cronache locali, di comunità italiane all’estero, no profit), è la cifra della pochezza culturale cui il berlusconismo (con tutti i suoi annessi e connessi) ha trascinato il nostro Paese.
Gli appelli che da mesi si succedono al Presidente Napolitano prima, e al governo Monti poi, da parte di tanti intellettuali e da tantissimi esponenti della società civile, volti a scongiurare questa "strage di cultura e di idee", non hanno sinora sortito effetto alcuno.
Monti ha firmato il decreto che avvia la procedura di messa in liquidazione coatta amministrativa della cooperativa editoriale Il Manifesto. Speriamo che, nel poco tempo che rimane prima della tragedia, riesca a trovare quei pochi spiccioli (rispetto, per esempio, ai tanti milioni di "facilitazioni", fiscali e non, che lo Stato "regala" a quotidiani quali Repubblica, Corriere, IlSole24ore, etc...) che consentirebbero a tante testate di continuare ad andare in edicola, nonchè a tanti professionisti di non perdere il posto di lavoro.