I
“coccodrilli” anticipati con cui politici e media stanno intasando
l’informazione sul destino di Marchionne sono alquanto esaustivi sulla ormai
conclamata pochezza del dibattito politico in Italia.
Fa specie
sentire Di Maio, che fino allo scorso anno ne diceva di ogni contro l’AD di
FCA, tesserne le lodi e criticare le voci fuori dal coro.
Fa specie
sentire Renzi & Co. (Farinetti, sindacati conniventi, etc.), responsabili
quanto Marchionne del declino dello stato lavorativo degli operai italiani,
innalzarlo a modernizzatore e precursore di una nuova era di benessere.
Marchionne è
stato un abile manager che sapeva trafficare in borsa e con la finanza in
generale. E’ stato il manager con il più alto differenziale tra la propria
remunerazione e lo stipendio degli operai che da lui dipendevano. E’ stato
colui che ha dato il colpo di grazia alla dignità lavorativa degli operai
metalmeccanici (e, di conseguenza, come sempre accade in Italia, di tutti gli
altri operai e dipendenti a seguire…). E’ stato colui il quale diceva ai
sindacati “prendere o lasciare”, altro che contrattazione.
E’ stato
colui che ha portato la sede legale della (ex) Fiat e la sua residenza
all’estero, in modo da NON pagare le tasse in Italia. E l’Italia dovrebbe
incensarlo, lodarlo, proporlo ad esempio?
Ogni
cittadino che si professi minimamente “di sinistra” dovrebbe criticarlo da vivo
e, a maggior ragione, da morto: per i danni che ha fatto al mondo del lavoro e
per quanto era “lontano” dalla vita di ogni giorno delle persone comuni,
dall’alto dei suoi stipendi vergognosi e dei benefit che gridano giustizia (e
di cui fino a poco tempo fa ha stragoduto).
Che entri
pure nel pantheon del partito di renzi e di quelli a lui affini: personalmente continuo
a ritenerlo un soggetto non degno di ammirazione.
E se proprio
dobbiamo trovare un esempio di come si costruisce una “comunità” che lavora e
fa progredire il proprio Paese, ci viene in aiuto l’Unesco, che ha recentemente
proclamato “patrimonio dell’umanità” un modello di fabbrica dal volto umano
l’Ivrea di Adriano Olivetti.
Ecco,
abbiamo bisogno di modelli fulgidi da proporre alle nuove generazioni?
Olivetti, non Marchionne.